Storia di jek,.

 

Verso il 10 Novembre del 2010, dopo aver posto 5 uova di diamante di gould sotto una coppia di passeri del giappone, anzichè gettar via l’ultimo uovo della coppia di passeri, come avevo fatto con le precedenti, lo misi nella nuova incubatrice, da me realizzata artigianalmente, con lo scopo di collaudarne il funzionamento.

L’uovo aveva trovato posto tra i rulli che, attraverso un sistema di trasmissione meccanica ad anelli di gomma, mi permetteva di ruotarlo dall’esterno, senza la necessità di aprire lo sportello dell’incubatrice stessa. Settata la temperatura tra i 37,7 e i 38,0 gradi centigradi con umidità relativa tra il 65-70%, iniziava allora la corsa alla schiusa.

Dopo 4 giorni d’incubazione già si intravedeva attraverso il guscio dell’uovo, in trasparenza, il cuore e i vasi sanguigni del piccolo che procedeva nella sua sfida con la vita. Non mi facevo illusioni, anche se in cuor mio speravo che l’incubazione procedesse fino alla fine. Per 10 giorni avevo ruotato costantemente l’uovo, almeno 6 volte durante la giornata e giunto alla fine del 11° giorno, avevo smesso di ruotarlo in quanto nelle ultime ore di incubazione i pulli cercano di trovare la posizione ideale per forare il guscio e venire alla luce. Se si continuano a ruotare le uova nelle ultime 15 – 18 ore il pulcino potrebbe perdere la posizione e soffocare senza riuscire a trovare la camera d’aria.

Tutto andò bene e all’alba del 13° giorno, era il 23 Novembre 2010, ebbi la sorpresa di trovare incastrato tra i rulli dell’incubatrice, il pulletto microscopico che già apriva il becco istintivamente per ricevere l’imbeccata. Lo posi sempre all’interno dell ‘incubatrice in un bicchiere di plastica da caffè con all’interno un foglietto di scottex ed abbassai di circa 2 gradi la temperatura interna, mantenedo sempre la stessa umidità.

Purtroppo, non avevo altri passeri pronti per ricevere il piccolo e così con l’incoraggiamento di Anna, mia moglie, ci mettemmmo d’impegno ad alimentare il piccolo anche se all’inizio sembrava un’impresa proibitiva. Il piccolo aveva il becco così piccolo che dovetti ricorrere a delle lenti per riuscire ad inserire nella cavità orale il cibo che veniva preparato utilizzando del mangime pellettato per insettivori (raggio di sole) polverizzato in un macinino da caffe, insieme a del pastone per esotici. Non pensavo che il piccolo riuscisse ad assimilare il cibo,  perché in genere, i piccoli appena nati, ricevono dai genitori, attraverso l’imbeccata, tutti gli enzimi necessari per la prima digestione. Dissi ad Anna che forse il nostro impegno, non sarebbe bastato.

Con grande sorpresa, il giorno successivo, trovammo il piccolo ancora vivo ed affamato e continuammo così, alimentandolo ogni ora con piccolissime dosi di cibo, somministrate con l’ausilio di una siringa per insulina.

Al sesto giorno il piccolo era bello forte e ormai, ergeva la testa a senza penzolamenti e ingurgitava il pastone senza difficoltà, iniziando a farsi sentire vocalmente.

Al termine dei 15 giorni, spostai l’ormai impiumato piccolo in un’altra camera calda a temperatura di circa 25 gradi centigradi e lo lascia li fino al compimento dei 25 giorni, data in cui lo portai su in cucina e provai a fargli vedere per la prima volta semi di panico e scagliola.

La sorpresa fu che appena vide i semi nel palmo della mano, incuriosito, cominciò  a sbucciare e assaggiare il nuovo alimento.

Al mese Jek, così l’avevamo chiamato, mangiava e beveva da da solo.

Prendemmo una nuova gabbietta per lui e da allora Jek abita con noi in cucina, passando il tempo tra soste in gabbia e voletti sul collo e sulla testa di chiunque si trovi nei paraggi. Non avendo mai sentito, neanche durante i giorni d’incubazione, i suoni tipici dei genitori, l’imprinting subito ne ha condizionato il comportamento tanto che, non si trova a suo agio con i suoi simili,  ma solo con le persone. E’ confidente e penso abbia un debole per Anna che corteggia sempre intonando il canto e danzando con le movenze  tipiche della specie.

D’estate lo portiamo in giardino in mezzo al verde e nonostante la possibilità di volare, non si allontana mai dai suoi “genitori artificiali”.

Jek nella sua villetta

Sull'uscio della "camera da letto"

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